I salmoni sono noti per saltare fuori dall’acqua mentre risalgono la corrente dei fiumi: un po’ saltano per non farsi trascinare dai flutti, ma anche – pensiamo noi – per poter giocare. Eppure, il gioco non è un’attività a cui partecipa esclusivamente la comunità dei salmoni, esso è un tratto basilare di ogni cultura. Per questo motivo il Tocatì, riunendo un numero così consistente di persone e storie, spesso provenienti da luoghi lontani dalla realtà veronese, ci ha permesso di confrontarci con una pluralità di culture davvero straordinaria.

Gioco e identità

Come era da aspettarsi, a noi veronesi il Tocatì è piaciuto molto. Vedere le persone per strada che si cimentano nei giochi tipici come lo s-cianco o vedere i bambini sfrecciare con i caretini a sfera, ci fa stare bene e ci fa vivere la città in un modo insolito e aperto. Come sappiamo, durante il Festival Verona viene abitata da persone che hanno a cuore peculiarità regionali come la Rouotta, un gioco di bocce valdostano che viene giocato solo a Santo Stefano e che ci ha fatto piegare in due dal ridere. O il Gioco delle Noci, un escamotage che le donne liguri usavano per cercare di vincere il prezioso frutto secco da portare a casa per cena.

Quest’anno l’ospite d’onore è stata la Bretagna (dobbiamo dire che a noi sono piaciuti tantissimo, in particolare, ricordiamo, alla nostra salmona Alessandra). La Bretagna è una regione impervia, che si porta sulle spalle il peso della sua recente fioritura. In questa regione la povertà è stata un ostacolo difficile da affrontare e ha plasmato la sua gente; i bretoni sono di poche parole, grande cuore e larghi sorrisi, pronti a sporcarsi le mani e a buttarsi nel gioco, che è esattamente come li abbiamo visti noi durante queste giornate.

Una cosa che ci ha colpito è stata la somiglianza tra parecchi giochi bretoni e alcuni regionali italiani: siamo passati dalle Bocce al Boule Plombée, alla Lutte Bretonne, una lotta di un equilibrio sconcertante che fa affidamento sul far leva con le gambe, e s’Istrumpa, una lotta Sarda caratterizzata dall’eleganza dei suoi lottatori, passando attraverso i giochi della Carrara e del Quilles de Muël, un gioco molto simile ai birilli a punteggio. Se si gioca in un modo simile, l’essere di due posti diversi conta poco alla fine, no?

Gioco e attività

Del gioco, poi, c’è un’impronta nella maggior parte delle attività quotidiane. Anche Tobia dei C+C=Maxigross, prima di iniziare a suonare, ha ricordato che il verbo inglese, to play, è molto più usato rispetto al corrispettivo italiano. To play significa sì giocare, ma anche suonare, ascoltare o recitare. Perciò anche il concerto mattutino dei C+C è rientrato perfettamente all’interno della dimensione ricreativa del Tocatì. Qui gli stessi partecipanti sono stati invitati a suonare insieme alla band, scegliendo uno strumento tra quelli messi a disposizione.

Anche le attività del ToBotega erano in perfetta continuità con lo spirito del Festival. Diverse erano le attività che hanno aperto le loro porte per svelare i segreti dell’artigianalità veronese. Così, sporcandoci le mani, abbiamo capito il valore di un lavoro e di una passione tramandati da generazioni di artigiani.

Una delle nostre ultime tappe, invece, è stata l’ex Dogana: qui, grazie alla Cooperativa Le Rondini, abbiamo potuto partecipare ad un percorso sensoriale tra spezie e piantine. Alla Dogana si poteva accedere sia da via Filippini, sia dal fiume: inutile rivelarvi quale delle due opzioni sia stata scelta dai salmoni. Ad accompagnarci tra le rapide di Ponte Pietra, Zeno del Rafting Team Verona, che ha saputo mostrarci la città e la sua storia da una prospettiva del tutto diversa.

I giochi che ci aspettano

Abbiamo poi incontrato, sempre all’ex Dogana, Luigi Spellini, vice presidente del Canoa Club Verona. In questa dimensione sinistra della riva, quasi spettrale, Luigi si è rivolto a noi salmoni, invitandoci a considerare quanto gli eventi del Festival siano in realtà molto coerenti al viaggio dantesco. Alla base del Tocatì vi è sì il gioco, ma attorno alle attività più ricreative si sviluppano, a gironi, attività che manifestano qualcosa che va al di là dell’aspetto ludico. Per questo motivo i giochi, così come gli eventi collaterali, hanno mostrato l’urgenza per cui è nato tutto questo: ritornare ad un uso della città più partecipato.


Giunti al termine del nostro percorso, abbiamo salutato la nostra guida e ci siamo spostati su un’altra riva, a San Lorenzo, insieme ai ragazzi e alle ragazze di RiVer – Primavere Urbane, dove sono stati allestiti concertini e installazioni assurde. Così, in soli due giorni abbiamo vissuto parti della città che spesso non consideriamo nemmeno, soprattutto lungo le rive. Rimangono quindi grandi questioni aperte e la voglia di metterci in gioco è tanta: se saremo bravi, non servirà aspettare il prossimo Tocatì per farlo.

Articolo di Elisa Muraro e Riccardo Soave

Foto di Danny Antolini e Manola Udali