Questa non è una rubrica scritta da un Salmone schizofrenico, ma da noi: Sofia e Lorenzo, fratelli di lunga data che amano fare spesso e volentieri, da soli o in compagnia, qualche bracciata controcorrente. Da sempre animiamo i nostri incontri con discussioni più o meno accese. Così, anche i nostri articoli sono concepiti (oltre che ispirati) dal confronto che abbiamo sui temi più scottanti della (nostra) vita veronese. Il risultato è che, una volta messo nero su bianco, l’articolo prende naturalmente la forma di un dialogo, dove esprimiamo le nostre opinioni cercando di superare l’ottica del b(r)anco, non tanto evitando di avere preconcetti, ma quantomeno con la disponibilità a cambiarli. Questo è CRUDITÉ – opinioni che spaccano, ma ora vogliamo sapere come la pensi tu! Fallo con un commento qui sotto o su tutti i social di Salmon Magazine.
Forse, ma dico FORSE, i più attenti tra voi Salmonauti, si saranno accorti che qualche domenica fa, più di preciso il 2 giugno, Verona ha subito delle leggerissime modificazioni della viabilità stradale. In altre parole, è stata totalmente bloccata.
Il motivo è che il Giro d’Italia ha scelto la nostra cara città come ambientazione per l’epilogo dell’edizione di quest’anno.
Questa è la premessa. (Se non ti ricordi niente di quel giorno, invece, è probabile che la sera tu abbia esagerato un po’ con i festeggiamenti per l’Hellas).
Io ricordo molto bene quel fine settimana! Una caldissima domenica trascorsa bloccati in casa: nessuna possibilità di entrata o di uscita dalla città, 30° all’ombra, insomma una bella giornata con il condizionatore aspettando le 17 per poter uscire.
Infatti volevo proprio sapere cosa ne pensi tu, Lorenzo, perché so che il passaggio del Giro d’Italia ti ha coinvolto in prima persona in quanto appassionato di ciclismo e ciclista amatoriale tu stesso.
Come sai bene, la tappa prevedeva un bel percorso dalla Fiera a Veronetta, salita sulle Torricelle e giù fino in Centro.
Quando ho visto tutta la città agghindata a festa, l’euforia dei tifosi – o dei curiosi -, l’organizzazione perfetta degli addetti ai lavori, mi sono chiesta: perché tutta questa passione per il ciclismo trova spazio in questa Verona un po’ sconquassata, irregolare, colma di sampietrini dissestati?
Allora, fermi tutti che inizia lo spiegone. No dai, spero di risponderti con queste due considerazioni che ho maturato da spettatore di ciclismo:
la prima, più generale, è che in Italia la passione per il ciclismo come sport è sempre stata ed è ancora molto forte, mi verrebbe da dire inspiegabilmente vista la risonanza che questo (come altri sport) ha in confronto, per fare un esempio a caso, al calcio.
Detto ciò, altra cosa fondamentale, a mio avviso, che può non essere immediata per chi in genere non segue la Corsa Rosa, è che questa è retta da un’ organizzazione mastodontica e centenaria, efficiente e capillare, che negli anni ha saputo aggiornarsi per mantenersi al passo con i tempi e rendersi sempre appetibile dal punto di vista commerciale oltre che saper entrare e rimanere nel cuore di appassionati e tifosi.
Il fraintendimento che si può creare sta nel pensare, come immagino avessi fatto tu, che gli enti locali abbiano più peso di quanto in realtà non sia nell’organizzazione, quando invece si pongono “solamente” come un importante tramite tra il territorio ed il comitato organizzativo, senza vere e proprie funzioni propositive.
Ciò per dire che il sistema funziona con dinamiche ampiamente testate in funzione di un evento specifico; il che è totalmente diverso rispetto alla realizzazione di politiche ed opere territoriali, per le quali sappiamo bene che le cose funzionano in maniera molto più lenta e meno efficiente; che poi a Verona, incredibile dictu, ci va anche meglio che altrove.
Capisco, in effetti non sapevo funzionasse così! Io però ti parlo dal mio punto di vista: io sono una fiera pedalatrice quotidiana, non ho la macchina perché credo fermamente che chi abita in una città con le dimensioni della nostra, possa tranquillamente fare del bene a se stesso e all’ambiente utilizzando le due ruote. Considerato ciò e vedendo le modifiche fatte per questo evento, qualche considerazione mi è sorta spontanea.
E su questo ci troviamo in sintonia. Sono convinto che se abitassi in da city farei anche io così, tant’è che quando posso mi muovo in bici persino tra le desolate lande della Bassa.
A proposita di Bassa: ho notato che alle porte della città possiamo leggere un grande cartello luminoso che riporta questa scritta: USA LA BICI, RIMANI IN FORMA E RIDUCI L’INQUINAMENTO. Sì, tutto molto bello, viva i #FridayForFuture, ma cosa ci stanno suggerendo concretamente? Di lasciare giù la macchina, per esempio, in borgo Roma e percorrere quell’affollatissimo tratto di strada che arriva fino al centro in groppa alla nostra bella? Dai, siamo obiettivi, finchè la struttura della città rimane questa è assolutamente impossibile esortare all’utilizzo delle bici!
Le piste ciclabili sono pressoché inesistenti (ad eccezion fatta per esempio di quella di rappresentanza che va dalla stazione all’Arena), le strade sono piene di avvallamenti, quelle rare strisce gialle a terra presenti sono tutte sbiadite, i semafori per i ciclisti saranno cinque in tutta la città…
Comprendo bene ciò che intendi, ma io ho un punto di vista differente dal tuo, mi sento a mio agio ad andare in giro in bici anche in strade del centro affollate da automobilisti insofferenti, a volte più a mio agio che in macchina. Forse è solo un indice di incoscienza, perché se penso un attimo a quanto è rischioso in realtà mi rendo conto anch’io che la situazione non è sostenibile, soprattutto non per la gran parte della comunità.
Infatti: non per tutti. Gli sconsiderati come te non sono molti (per fortuna): ci sono mamme con i bambini, anziani, e via dicendo.
Quindi voglio dire, al di là di alcune strade asfaltate a nuovo per i corridori del Giro – che poi per tutto il resto dell’anno sono strade destinate all’uso automobilistico – cos’altro ha lasciato alla città il passaggio di questa manifestazione?
Il Comune come può chiedere ai residenti, ai lavoratori o ai turisti, di utilizzare di più la bici quando per farlo dovrebbero rischiare la salute?
Beh, per dirne una il Giro ha ispirato questo articolo da urlo.
A parte gli scherzi, si tratta di un discorso serio e profondo su come dovrebbe cambiare il nostro concetto di vivibilità della città, ovvero un ragionamento sociale e culturale che coinvolge l’amministrazione e i veronesi stessi; a dirla tutta roba un po’ troppo impegnativa per i miei postumi da birrette del weekend.
Ti dirò anche questo: quando la mia amica Anna è tornata l’ultima volta da Amsterdam (città dove vive da 7 anni ormai), abbiamo fatto un giretto in bici e siamo andate a prendere mia figlia all’asilo: non so se tu – o voi lettori – avete mai fatto il percorso Veronetta – Banchette, ma se volete provare un’esperienza “shake your body”, percorrete la “pista ciclabile” che va da via Betteloni a porta Vescovo… un’esperienza degna della disco 70/80 (o del twerking, per i lettori più giovani). Anna, ormai assuefatta alla predominanza ciclistica olandese è rimasta allibita dalla temerarietà dei suoi concittadini!
Insomma, bello il Giro d’Italia, bella la pubblicità per Verona, ma per favore, fate qualcosa per giustificare quella che altrimenti rimane solo retorica ambientalista.
E voi, avete già fatto qualcosa? Sì, no, “stavo per…” Fatecelo sapere lasciando un commento qui sotto, o sui social, o scriveteci una mail, una lettera o uno striscione aereo. Quello che preferite, sapete dove trovarci… IN ADESE!