“Bianco e noir”, Verona: una serie di racconti a puntate. Dagherrotipi e litografie, vecchie foto in bianco e nero: ovviamente Verona, due secoli fa.
Ogni foto nasconde un mistero: l’ispettore Mastino Giusti è il protagonista.
Il Cafè Noir è la sua base, la grappa e le api le sue passioni.
Di più non posso svelare, perché sennò fate i furbi e non leggete. 

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Verona, gennaio 1882

Mi arrotolo una sigaretta.
La cortina di fumo nel locale mi avvolge e attutisce i rumori che giungono dalla strada. Mi verso un bicchiere di grappa direttamente dalla bottiglia che l’oste mi ha lasciato sul tavolo e metto in bocca una liquirizia. Sbuffo assonnato, seduto al mio solito tavolo del Cafè Noir.
Via Cappello è una cacofonia di suoni, i cavalli scalpitano sotto le fruste dei conducenti, le carrozze cozzano tra loro mentre il popolo, un miscuglio di miseria e nobiltà, si muove seguendo ritmi che mi sfuggono.
– Mastino…- fa una voce roca e profonda. E’ Marogna, un càna al servizio dell’ispettore Martini, un poliziotto che non ha mai risolto un caso in vita sua.
Rispondo con un grugnito mentre lo sguardo corre dalla brace della sigaretta alla bottiglia di grappa.
– Mi manda Martini – si giustifica l’altro con il suo italiano stentato – Al pozzo è successo un fatto inspiegabile.

Mi alzo, prendo il bastone, saluto l’oste e m’incammino dietro al poliziotto. Nel cielo le nuvole grigie cariche di pioggia consiglierebbero un tetto sopra la testa anziché la risoluzione di un fantomatico mistero.
Sto attento a dove metto i piedi, sull’acciottolato i cavalli lasciano ricordi ai quali le suole delle scarpe e il mio olfatto farebbero volentieri a meno. In Piazza Erbe i banchi chiudono i battenti.
E’ un gennaio gelido e la merla festeggia con largo anticipo.

Nell’aria i miasmi di cavolo bollito danno i brividi. Incrocio alcuni lampionai concentrati su stoppini e lampade a petrolio mentre svolto l’angolo in direzione del pozzo. Il sipario di un’elegante palazzo divide le persone perbene sedute tra i velluti del Caffè Dante e la piccola borghesia che da qui fino all’Adige, ha reso ogni centimetro quadrato abitabile.

Martini mi accoglie con una smorfia.
Con i baffi a manubrio e gli occhialini appoggiati alla punta del naso sembra un ratto appena sbucato dalle fognature. La delicatezza è un suo pregio – Finalmente è arrivato – mi saluta infatti, accompagnando con un’espressione di scherno il mio bastone.
Non lo degno di risposta, non lo merita: lui dormiva mentre io mandavo sei crucchi al creatore nella carica di Custoza.
Con mezzo polpaccio in meno.
– L’hanno sentita urlare – continua l’ispettore, indicando una ragazza dai capelli rossi che affranta e piangente siede per terra.
– Parla? Testimoni? – invito alla ricerca di una qualche informazione.
– Niente di niente.
– Per questo mi avete chiamato, – sorrido – siete in un vicolo cieco.

C’è stato un omicidio e per me il mistero è già risolto.
Il baffo a manubrio invece brancola nel buio.
Che coglione.

Faccio un giro intorno al pozzo, ci guardo dentro e ricomincio a camminare.
Mi piace far salire la tensione. Il mio movimento ha attirato lo sguardo della donna. Le lacrime le rigano il volto, lasciando aloni neri intorno agli occhi. Le mani, strette in grembo, sono scosse da tremiti sempre più frequenti.
– La leggenda narra di una storia d’amore finita tragicamente – inizio mentre le prime gocce di pioggia iniziano a cadere.
Poche parole.
Sufficienti a far spalancare la bocca della giovane e a farle strabuzzare gli occhi. Il suo pallore fa spavento – Corrado era innamorato della bella Isabella e non perdeva occasione di dimostrarle il suo amore – continuo – La dama però era molto abile nel nascondere la sua simpatia per quello sfortunato cavaliere.

La rossa si guarda attorno.
Sta valutando le possibilità di fuga e infatti si alza in piedi.
– Faceva un freddo terribile – sorrido amaro – Il cavaliere domandò alla sua dama perché si dimostrasse ghiacciata come l’acqua del pozzo.
La rossa scalpita.
– Isabella sfidò l’uomo invitandolo a buttarcisi dentro per valutare lo strato di ghiaccio. Una storia dall’epilogo tragico come immaginerete: Corrado si tuffò nel pozzo e morì vittima del suo ardimento mentre Isabella, resasi conto della tragedia, vi si gettò dentro anche lei suggellando così il loro amore disperato.
Un urlo squarcia l’aria.
Lo ha lanciato la rossa che ora scatta verso Piazza Erbe prendendo i càna, ovviamente, impreparati.
Me lo aspettavo, sono sempre un passo avanti. Così prendo la mira e lancio il mio bastone: sei centimetri di diametro, ebano di prima qualità e un mastino d’argento sul pomello che se ti prende alla schiena ti manda al tappeto togliendoti il respiro. E’ quello che succede all’assassina che crolla a terra dopo il mio lancio perfetto.

Ci sono delle prove evidenti di tutta la messinscena.
– Troverete il corpo di un uomo in fondo al pozzo – dico a Martini che mi guarda storto.
– Ancora non capisco… – fa lui mandandomi in bestia.
Non sopporto gli inetti, è più forte di me.
– Le impronte nel fango di scarponi pesanti, il cappello appoggiato sul bordo del pozzo…vado avanti? – domando ficcandomi una liquirizia in bocca.
Il nulla cosmico negli occhi dei miei dirimpettai.
– Quella donna voleva sbarazzarsi del suo amato e ha messo in piedi questo spettacolo malvagio – spiego – Troverete il corpo di un uomo in fondo al pozzo.
– Pensava di cavarsela – mi fa Martini – Ma poi è arrivato il Mastino.
Ecco appunto.
Vai a cagare.

Mi avvio verso casa.
Abbasso la tesa del capello mentre i primi fiocchi di neve imbiancano le strade.
C’è un silenzio surreale intorno a me. Le luci delle case e delle locande rischiarano un poco il mio percorso. Mi fermo nel mezzo di Ponte Pietra e osservo le barche seguire la corrente dell’Adige.

C’è un pensiero che mi fa sorridere: il mondo è una palcoscenico ma le parti sono spesso mal distribuite.

 

SmokeySalmon

 

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