di: Aurora Lezzi

Abbiamo avuto il piacere di intrattenerci per un caffè pomeridiano con Anastasia Brugnoli, in arte Anna e L’appartamento, che ci ha illustrato per bene la sua musica e quello che è il suo progetto. 

In più, abbiamo approfondito alcuni temi attualissimi per quanto riguarda la figura femminile  adattati al mercato musicale. 

Quel che chiedo a tutti è di presentarsi e presentare la propria musica.

Ciao a tutti, il mio progetto si chiama “Anna e l’Appartamento” e forse può trarre in inganno perché può sembrare un nome di un collettivo, ma a dire il vero è proprio lo pseudonimo d’arte che ho scelto di darmi. In realtà mi chiamo Anastasia Brugnoli e Anna è il mio diminutivo: è un nome palindromo, poi sono nata nel 1991 e anche qui..sono un po’ fissata con queste cose. 

Il progetto nasce come lo sfogo del mio alter ego che fa musica di impronta pop-cantautorale, quindi che cerca di strizzare l’occhio alla canzone d’autore ma allo stesso tempo cerca di avere una chiave di lettura pop.

L’idea di riuscire a fare qualcosa con questo progetto inizia nel 2013 per poi partire ufficialmente nel 2020 con la pubblicazione del primo singolo Plastic Fantastic. 

Abbiamo atteso per la pubblicazione del disco per evidenti problemi del periodo Covid finché non ce l’abbiamo fatta nel novembre 2021. Da lì abbiamo continuato a lavorare e il 10 novembre 2023 abbiamo pubblicato l’Ep Assedio che contiene 5 pezzi. 

Cos’è per te l’appartamento? 

L’appartamento è un non-luogo. È ovviamente fittizio, immaginario, ma è la zona in cui raccolgo tutte le mie idee. Rappresenta la parte creativa mi che porto sempre dietro e cresce con me. 

Mi sai descrivere il tuo processo creativo? Su cosa e perché scrivi?

Su questo devo sempre fare un’analisi a posteriori, forse perché è un processo molto spontaneo. Non mi è mai capitato di mettermi a scrivere un brano scegliendo di andare a scrivere su un tema specifico, mi piacerebbe provare a farlo, ma onestamente non mi è mai successo. È sempre accaduto tutto di flusso e questo mi piace molto perché è un po’ il contrario di come sono io: Anna è tutto ciò che non è Anastasia. Quest’ultima è precisa e minuziosa, mentre Anna è tutto il contrario. 

Quando mi metto a lavorare, mi vengono in mente delle idee e le canzoni si scrivono da sole. Questa è la sensazione che ho. 

Tre album per descriverti e uno che non ti è piaciuto affatto. 

Che domanda difficile. Cercherò di spaziare altrimenti mi incaglio in un unico genere. 

Ti direi Transformer di Lou Reed perché l’ho consumato e masticato fino alla fine. Poi.. Both Sides Now di Joni Mitchell, anche se faccio fatica a scegliere un suo disco perché è una delle mie artiste preferite al mondo.. altrettanto per Regina Spektor della quale ti dirò What We Saw From Cheap Seats. 

Per quanto riguarda quello che non mi piace.. è difficile anche questa perché quando qualcosa non mi piace tendo a rimuoverla, però probabilmente un disco dove ci sono uno o più tormentoni. 

Domanda scomoda: una tua opinione sul ruolo della donna nel mondo della musica? Se si pensa ad una donna, automaticamente, di solito, si pensa ad una cantante e mai ad una musicista, mentre tu canti e suoni, invece. Come vivi questo su te stessa? 

Potremmo stare qua tre ore.. come dici tu, spesso e volentieri la donna è associata automaticamente al ruolo di una cantante. È un discorso molto complesso: il ruolo della musicista quando viene riconosciuto, è riconosciuto in un ruolo marginale associato a qualcos’altro o qualcun’altro. Mi è capitato tantissime volte che, pur essendoci scritto “cantautrice” sotto il mio nome, e questo implicherebbe automaticamente che io scrivo i pezzi testi da sola, mi venisse chiesto se fossi io a scriverli. Raramente mi è capitato di sentir chiedere la stessa cosa ad un uomo, questo perché viene dato per scontato.

Per quanto riguarda le altre figure attorno ai musicisti, secondo me è ancora peggio: mi viene da pensare alla figura del fonico o del producer. Si fa fatica a trovare donne che assumono questi ruoli ed è un po’ un cane che si morde la coda: se non c’è rappresentanza e dimostrazione del fatto che una professione si possa fare a prescindere del proprio genere, ma che invece si può fare perché si può fare e basta. Diventa difficile per le nuove leve far credere, senza un esempio ,che effettivamente possono farlo. Bisogna abbattere il cosiddetto tetto di cristallo. È un problema che riguarda il mercato musicale, ma temo di poter dire che si è donne bisogna tirarsi su le maniche dieci volte di più.