Verona, gennaio 1882

Succede sempre così.

Mi sveglio nel cuore della notte in un bagno di sudore. La gamba comincia a pulsare così devo alzarmi e camminare. I muscoli allora si sciolgono e la mente cerca di liberarsi da quella nebbia di cui sono fatti i miei incubi. Ma il loro rumore mi resta dentro, suoni che rimbombano nella testa come quello delle palle dei cannoni, gli spari di moschetto, l’attacco all’arma bianca tra le urla e le bestemmie.

Le immagini si sovrappongono.

Sono i volti di quei poveri cristi mangia patate che ho mandato a far visita al diavolo. Visi stravolti dal terrore e dal dolore, la terra umida impregnata di sangue, gli stivali affondati nel fango, lo sferragliare delle baionette con le loro punte affilate che dilaniano le carni.

Mi prendo la testa tra le mani, la scuoto e ansimo alla ricerca di un sollievo che non arriverà mai.

La mia anima è dannata.

Mi vesto in fretta e scendo.

Girovago tra i sentieri e i giardini di Villa Giusti. C’è una bella luna questa notte in un cielo senza nuvole. La sua luce è conforto al mio passo malfermo che fatica sul sottile strato di ghiaccio che qui copre ogni cosa. Il freddo punge come aghi di spillo e le lacrime scendono senza chiedere il permesso. Corrono lungo le rughe profonde che solcano le mie guance.

Sono perfidi questi demoni.

Non mollano la presa nonostante i miei sforzi di cacciarli e di combatterli. Si saranno stufati del solito percorso penso, così esco dalla villa e cammino lungo le strade deserte della città. Le campane di Sant’Anastasia rintoccano quattro volte, ci sono solo io in giro. I miei passi rimbombano lungo i muri dei palazzi che mi osservano silenziosi.

Scendo per le viuzze che portano al canale.

Lo chiamano dell’Acqua Morta e non è solo perché in quel punto l’Adige scopre questo fratello minore che lo affianca per un breve tratto. Intorno si è costruito dappertutto: abitazioni fatiscenti che gli si affacciano sopra e al fianco, una tavolozza di facciate di ogni colore e gradazione, sovraesposti e mescolati tra loro come il tanfo di escrementi e acqua fetida che salgono al cielo sotto le sembianze di una nebbia leggera.

Due piccole barche galleggiano quiete seguendo la lieve risacca del fiume.
Albeggia, la luce trema e fatica a prendere il posto della notte. Poi però, il cielo si tinge di un rosa leggero.
Dal taschino della giacca tiro fuori una sigaretta e una liquirizia. Accendo l’una e poi ficco in bocca l’altra.
Più avanti, sul Ponte Navi, c’è un uomo seduto sul parapetto.
Mi avvicino e rimango in silenzio.

L’uomo è vestito di stracci e puzza di vino. Gli manca un braccio e fa dondolare le gambe sopra le acque del fiume.

Mi guarda ed è questione di un attimo: in fondo a quegli occhi trovo la disperazione. Gli allungo una sigaretta, lui la prende e sbuffa il primo tiro che si perde nell’aria gelida.

– Ho perso una gamba – gli dico in un sussurro.
– Maledetta guerra – mi risponde facendo ballonzolare il moncherino.

Non servono tante parole.
Siamo due disperati.
Fratelli d’ombre.

– Mia moglie se ne è andata questa notte – mi dice lui sbuffando il fumo dal naso. Un colpo di tosse lo scuote – Polmonite – conclude, scuotendo la testa.
– Perché sei qua? – domando.
– Perché ho perso la speranza.

Per due reduci menomati la vita dopo la guerra è un inferno. Si è guardati con compassione e i ricordi della violenza fanno impazzire.
Il monco mi osserva: i suoi occhi sono una supplica.
Le ho capite fin da subito le sue intenzioni ma a quest’uomo manca il coraggio.

La mia mano si appoggia sulla sua schiena.
Ci guardiamo mentre gettiamo i mozziconi giù di sotto.
Il suo cenno silenzioso sa di ringraziamento.
Una spinta leggera.
Poi continuo sulla mia strada.

Ho bisogno di bere ma è ancora presto, la città fatica a svegliarsi.

Percorro via Cappello, supero la casa di Giulietta e attendo fuori dal Cafè Noir. Le campane rintoccano nuovamente, scandiscono un tempo che per me è irrilevante. Sento una lacrima bagnarmi le labbra ma forse non ho mai smesso di piangere. Nonostante tutto però, questa notte, so di aver fatto la cosa giusta.

SmokeySalmon 

biancoenoir