Parte prima.

Febbraio, 1882

Velluti e tappeti rossi, lampadari in vetro di Murano sui soffitti affrescati, il tintinnio delle porcellane e dei flùte di cristallo, il vociare assordante tra scoppi di risate e il fumo dei sigari che satura l’aria.

Da una parte gli uomini, i notabili con la grana in smoking e bombetta sulla testa. Dall’altra le dame, ingioiellate e profumate come matrone di case chiuse. Là in mezzo c’è pure mia madre, radiosa con una specie di corona in testa. In un angolo, ben nascosto, osservo attento con la mia gemma di liquirizia in bocca. Non ho bevuto niente, qui servono solo bollicine e a me le bollicine stanno sul cazzo.

Le nobildonne ammiccano ai giovani camerieri in livrea che le servono in guanti bianchi e sorrisi splendenti. Tresche ed eccitamenti vari tenuti nascosti tra i pizzi e i merletti delle sottovesti mentre i mariti sproloquiano di affari e politica.

Avviene tutto nel luogo più adatto, siamo a teatro in effetti. La differenza è che non sono circondato da attori, perché qui, intorno a me, stanno i fortunati. Gli scaltri, come li definisco io, quelli che hanno avuto l’accortezza di nascere in una famiglia benestante.

Fuori infatti, c’è solo miseria.

Ma stasera sono qui. L’ha avuta vinta mia madre, ogni tanto devo darle un contentino. I suoi piani per il sottoscritto erano assai diversi. Tutta colpa di mio padre, dice lei, che mi ha traviato con la carriera militare, la guerra, il patriottismo.

Al Filarmonico danno un’opera di Brahms: la Sinfonia Numero Uno.

Un altro crucco.

Due palle.

– Ho sentito molto parlare di lei.

E’ una voce che mi arriva alle spalle. E’ un uomo di mezz’altezza, vestito di tutto punto, gli occhi svegli e due baffetti tirati a meraviglia.

– Spero male, come sempre… – rispondo io allungando la mano.

– Emilio – risponde l’altro stringendola – Salgari di cognome ma visto che lei si fa chiamare solo Mastino, può chiamarmi per nome.

Mi strappa un sorriso.

– Qualche mistero da risolvere? – ammicca alla sala gremita.

– Assecondo mia madre mentre lei dev’essere un appassionato di musica…

– Di pirati e tigri della Malesia, in realtà. Lavoro per la Nuova Arena, il pane lo porto a casa scrivendo anche di serate come questa.

Ci salutiamo, il concerto sta per cominciare. Ci spostiamo dal foyer, prendo mia madre sottobraccio e andiamo a sederci nelle prime file, accompagnati dagli ultimi accordi dell’orchestra.

Bastano i primi movimenti. I tamburi e i violini che li eseguono rendono grave l’atmosfera sin da subito. Dicono che la musica faccia sognare oppure rivivere eventi passati. E’ quello che mi succede perché su queste note così crude l’angoscia mi prende lo stomaco e la mente torna a quella dannata Carica: gli spari, l’odore del terreno intriso di sangue, le schegge delle bombe sparate a qualche centinaia di metri dagli invasori.

Sento le lacrime scendere copiose, sussulto rivedendo mio padre incitare i suoi uomini prima di venir spazzato via da una palla di cannone. Anche la gamba mi fa male, delle fitte lancianti al polpaccio ferito.

Mia madre mi stringe la mano. I suoi occhi sono così dolci, non li ho mai visti così. Non posso non pensare che l’abbia fatto apposta, che mi abbia portato qui per esorcizzare i miei demoni.

La musica di un tedesco vale come mille sedute da uno strizzacervelli.

Trovo sollievo.

Il concerto è finito e mi sento svuotato. Io che odio mia madre e la sua voglia di grandeur, quante volte abbiamo litigato io e lei, a tavola, sul passato glorioso di Villa Giusti.

– Lo Zar Alessandro, Ruskin, Mozart – attacca solitamente lei.

Goethe e quel cazzo di cipresso in giardino! – rispondo sempre solitamente io per farle del male.

Adesso invece devo qualcosa a questa dama che ancora, tornata nel foyer fumoso, spettegola felice.

– Che le è successo? – mi domanda Salgari.

– Solo fantasmi, grazie – rispondo secco.

– Beva qualcosa di forte, le farà bene.

– Di forte qui non c’è niente.

Sorridiamo entrambi, prima che una richiesta d’aiuto giunga dalla platea.

Sembra sia morto un uomo.

Ma questa è un’altra storia e ve la racconterò la prossima volta.

SmokeySalmon 

biancoenoir