Mi sono distratta un attimo ed ho smesso di scrivere.

non ricordo esattamente quando è stata l’ultima volta che ho raccontato di me in queste circostanze, nelle vesti di salmone. Facciamo dunque un passo indietro. Partiamo da “Cosi Dunci”. In siciliano dicevamo, significa cose dolci, ricordate? Era il nome della rubrica che leggevate su Salmon Magazine circa due anni fa, appena messo piede sull’isola. E io sono Silvia, sono quella veronese lacustre trapiantata al sud, in Sicilia, in provincia di Agrigento, per la precisione a Favara.

Mi sono distratta più di un attimo ed ho smesso di scrivere accumulando non pochi aneddoti che mi è venuta voglia di raccontavi, ancora una volta.

Il primo aggiornamento si tratta proprio del nome. “Le parole sono importanti” come ripeteva animatamente e saggiamente Nanni Moretti in una scena cult del mitico film “Palombella Rossa”. Le parole importanti dunque, che leggerete sempre prima di ogni pubblicazione sui social, prima di aprire il link, o in alcuni casi, invece di aprire il link, questa volta saranno “Sapi Dunci”, che tradotto, restando fedele al dialetto ufficiale del luogo, è: sa di dolce. Quindi significa che, assaporando, qualunque cosa sia, letta, parlata, vista o gustata, avrà un sapore dolce. Tendenzialmente gradevole. Sapere di dolce è ben diverso dall’essere dolce. Detto questo, lascio dare ai contenuti qui presentati la vostra più libera percezione, che in alcuni casi si sa, è tutto.

Cari Salmoni vivo a Favara da due anni e la ragione non è ancora chiara nemmeno a me. A chi me lo chiede fornisco sempre una motivazione diversa, ho imparato a capire cosa alla gente piace sentirsi dire e quindi lo dico. Non mento, se è questo quello che state pensando. Semplicemente i motivi della mia permanenza in questo luogo sono ancora molti, così come le volte che mi viene posta la domanda: – “Che ci fai a Favara?” quindi per non annoiarmi, vario la risposta. La spiegazione diventa più scientifica quando invece mi chiedono: – Come mai sei arrivata a Favara? Qui diventa già più facile. Sono tre parole. Farm Cultural Park. Un luogo colorato, meravigliosamente imperfetto. Sono arrivata per stare a Farm tre mesi. Il mio ruolo era quello di tutor in una scuola di architettura per bambini. Francamente allora non avevo ben focalizzato cosa fosse una “scuola di architettura per bambini”. Fino a quando non mi ci sono trovata felicemente immersa. Da due anni a questa parte un susseguirsi di eventi improbabili hanno prolungato la mia permanenza qui. Dove ora a Farm ci lavoro, occupandomi proprio della scuola di architettura per bambini, che ovviamente ha un nome. Si chiama SOU. Ed ecco svelato l’unico vero motivo per cui ho deciso di riaprire con questa faccenda scritta. Perchè le cose da raccontare su questo progetto sono tante. Vi vorrei presentare delle grandi persone, mi piacerebbe raccontarvi di alcuni luoghi importanti, degli usi e dei costumi non sempre solo dolci. Dunque salmoni introduco così questo racconto illustrato. E sono onorata di poterlo condividere con voi. A presto #iorestoacasa e scrivo salmonate 😉

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