È il 28 Febbraio 2020, primo incontro per realizzare la mappa della Lessinia attraverso l’ascolto e confronto con alcune delle sue voci più autorevoli, grazie al progetto finanziato da Fondazione Cariverona. Eravamo ospiti di Terra Cimbra, noto negozio e ristorante di Bosco Chiesanuova.
Noi e 3 futuri spiriti guida:
Nadia Massella, Vito Massalongo ed Ezio Bonomi.
E la nostra Virgilio, Paola Beccherle, fondamentale apripista sull’altopiano veronese.
Eravamo partiti pensando di fare una mappa unica. Ci hanno riso in faccia e avevano pienamente ragione. Abbiamo così deciso di suddividere la Lessinia in 3 macro-aree: Centrale, Occidentale ed Orientale.
Ci abbiamo messo 2 anni e 6 mesi, abbiamo avuto l’aiuto di decine e decine di persone, abbiamo fatto ore e ore di chiacchierate, km e km di trasferte, e giga e giga di call. Eh sì, perché nel frattempo è scattato il covid.
Eravamo convinti di conoscerla abbastanza bene la Lessinia. Abbiamo subito capito che non avevamo capito una mazza. È in realtà infinitamente vasta e profonda per poterla conoscere bene. Non è un caso che ci siano fior fiori di luminari che hanno trascorso le loro esistenze a lavorare su questo minuscolo spicchio di mondo e sulla quale hanno scritto decine e decine di libri. Ciononostante nessuno può affermare di sapere tutto della Lessinia. Anche perché gli ambiti di interesse sono infiniti: architettura, geologia, speleologia, arte, ambiente, fauna, flora, folklore, storia, artigianato, tradizioni, lingua… incredibile!
Il nostro si è ben presto rivelato un amore impossibile ed eterno, senza una fine.
Una cosa, però, possiamo dire di averla colta e ci ha illuminato. Il valore mastodontico della Lessinia sta nell’intensissimo rapporto tra uomo e natura che ha modellato un sistema che è assolutamente unico al mondo proprio per questa relazione inscindibile. I pascoli, i boschi disboscati, le contrade, le architetture, i racconti, i mestieri, le calcare, le giassare, le carbonare…
Ci piace dirlo proprio oggi, 3 ottobre 2022, Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza perché tanti sono stati i protagonisti di questa interazione tra esseri umani e ambiente, ma nessuno come quella comunità di persone emigrata dalle regioni meridionali della Germania, della Baviera. Erano nuclei di persone, famiglie di montanari, in cerca di un posto dove costruire un nuovo futuro lontano dalla terra natia. Partiti con tutto quel poco che avevano perché là le condizioni di vita erano improbe. E qua, in provincia di Verona, a fine XIII secolo hanno trovato casa perché gli è stata concessa. Perché le porte gli sono state aperte. Perché sono stati accolti.
È del 5 Febbraio 1287 il contratto con cui il vescovo Bartolomeo della Scala, parente stretto di Cangrande, concede di stanziarsi in queste terre particolarmente impervie, disabitate, aride d’estate e freddissime d’inverno,
per “costruire casa ed abitare, usare, fruire, ed usufruire degli infrascritti luoghi e contrade, terre, possessi, monti, valli, pianure, terre incolte, deserte e disabitate… comprese le acque ed acquedotti che vi nascono e scorrono”.
Non a gratis; un decimo del raccolto e un affitto delle terre concesse. Per i primi due anni, però, i coloni teutonici non sono tenuti a pagare alcuna tassa che non sia la sola decima.
Sono stati accolti, non sono stati rimbalzati.
Parlavano un’altra lingua e hanno continuato a farlo.
Sono stati messi nelle condizioni di poter insediarsi e lavorare per il loro sostentamento.
Gli sono state affittate le nostre terre più ostiche, lì hanno cominciato a fare i nostri lavori e sono stati aiutati a farlo.
E siccome sono stati i più bravi, si sono insediati, hanno poi comprato i terreni stessi e ci hanno vissuto e vi vivono da generazioni.
Gli è stato concesso di professare il loro rituale cattolico, non con sacerdoti locali ma bensì con preti tedeschi.
Non gli è stato né regalato né vietato nulla.
E il risultato lo vediamo sotto gli occhi.
Lo leggiamo nei libri.
Lo ascoltiamo dagli studiosi.
Lo respiriamo, lo mangiamo, lo beviamo…
Sono stati degli immigrati a regalarci questo capolavoro che di nome fa Lessinia.
E quegli immigrati siamo anche noi perché con i veronesi si sono mischiati e riprodotti.
E arricchiti facendo di Verona uno delle aree più benestanti del mondo.
Quasi 1000 anni fa i veronesi facevano questo.
E noi, pronipoti di immigrati con il loro sangue nelle vene, 735 anni dopo, come ci dovremmo sentire al cospetto di Bartolomeo della Scala?