Disco del mese - Carl Brave x Franco 126 POLAROID

Quando esce un nuovo disco, solitamente non mi assale la “fotta” di ascoltarlo immediatamente. La fretta è nemica dell’amore, ricordatevelo sempre. Puntualmente, anche per “POLAROID”, primo lavoro sfornato dalla collaborazione di Carlo Luigi Coraggio e Franco Bertolini, è andata esattamente così. Ho aspettato che il loro “hype” fosse compiuto con precisione maniacale. La comparsa dei primi video su “youtube”, il primo magro interesse, l’aumento, la condivisione di “influencer” musicali sulle loro bacheche ed i primi concerti. Mi piace guardare come qualcosa evolve, senza dover immediatamente consumare quello che mi viene proposto. Può risultare vecchio, solamente se ti lasci condizionare dal mercato. Se sai gestire il tuo tempo, allora non c’è mai un momento obbligatorio per ascoltare qualcosa.

Uscito il 5 maggio, andato esaurito in tiratura limitata per Bomba Dischi, riproposto nella metà di giugno, “POLAROID” è diventato un disco cardine della nostra estate Italiana. Un mix quasi proporzionato tra indie, pop e rap italiano. Linee di “drum” che ricordano piacevolmente i suoni “trap” del momento, che poi, un giorno vi parlerò della “trap” e capirete che c'entra davvero poco con quello che vi vogliono propinare da un anno a questa parte, ma questa è una storia diversa. Detto questo, con quella giusta presunzione che mi appartiene, passiamo a capire meglio questo disco.

Sono esattamente polaroid, o meglio sono esattamente istanti di vita vissuta che ci appartengono. Traccia dopo traccia, tra le vie della propria città, con assoluto disincanto ed ironia il duo descrive il quotidiano con sagacia ed intelligenza. Non risultano mai troppo ricercati e nemmeno troppo banali sia per le stesure che per le melodie. Come sempre, dobbiamo discostarci da chi pensa che tutto sia lasciato al caso. Cosa ho apprezzato di loro nel mio personale “track by track”? Sicuramente la cura per i dettagli e la loro capacità di incastrarci dentro un intero ricordo. Tutto con assoluta leggerezza, che non vuol dire però menefreghismo, anzi. Non credo che esista nulla di più complesso della semplicità, per lo meno quando si vuole ricordare qualcosa in maniera personale.

Un prodotto romano? No, un prodotto Italiano, uno spaccato della società, pieno di ricordi, richiami e mescolanze. Un disco che scorre veloce, forse troppo, ma è meglio così. Non abbiamo bisogno di nulla di troppo complicato o ricercato. Abbiamo bisogno che la bella musica si diffonda con rapidità e vada a coprire quello che non ci piace.
Vi consiglio l’ascolto, vi consiglio di non guardare in ogni caso al passato, perché tanto ci siete già stati.

Tommy in Salmon

TRACKLIST:
01. Solo Guai
02. Sempre In Due
03. Polaroid
04. Lucky Strike
05. Enjoy
06. Tararì Tararà
07. Per Favore
08. Noccioline
09. Alla Tua
10. Pellaria


Marco Favero - Hammer Head

 

Quando pensiamo ad un artigiano, la prima cosa a cui pensiamo è un falegname stile Geppetto. Occhio di vetro, baffi pregni di nicotina e un fantoccio di legno da usare come amante nei momenti di solitudine.

Eppure nella felice cittadina di Villafranca di Verona (esatto, dove Satana in persona ha suonato poco tempo fa), vi è un giovane artigiano che non si occupa di costruire mobili o sedie, bensì computer.
Si chiama Marco Favero, in arte Hammer Head, ha 21 anni e un debole per la tecnologia.
Con grande gentilezza, alla richiesta di una piccola intervista, si offre subito di ospitarci nel suo piccolo laboratorio.

Mie domande in grassetto.

Come ti è venuto in mente di cominciare?
Io ho iniziato 5 anni fa a costruirmi il primo computer per giocare ai videogames; poi mi sono reso conto che mi piacevano di più i computer di quanto non facessero i giochi.
Le macchine mi danno soddisfazione: sono una persona molto puntigliosa, e i computer hanno bisogno di precisione e concentrazione per essere costruiti.
Nel panorama italiano c'è poca gente che fa quel che faccio io e quelli che lo fanno non si pubblicizzano particolarmente bene e indirizzano il loro mercato agli enthusiast: persone che mediamente giocano solo ai videogiochi, che non utilizzano al meglio le proprie macchine.
Poi trovi in Italia un ingegnere che fa simulazioni nelle gallerie del vento ed usa programmi pesantissimi con dei pc a mio avviso disdicevoli.

Quindi il tuo obiettivo è riuscire a fornire una buona macchina a chi ne può fare un buon uso?
Esatto. Più avanti mi piacerebbe arrivare ad avere una mia linea in piccola serie, per mantenere le macchine a stampo artigianale.
Il difficile è far capire alle persone perché un computer dei miei costa tanto rispetto a quelli che si trovano in negozio.
I materiali, la cura e la precisione, la customizzazione... Per me è importante che il cliente sia soddisfatto, che le sue aspettative vengano esaudite: e questo per me è una sfida! Non sai quanto è bello dover affrontare i problemi che si presentano durante il lavoro; dalla gestione dello spazio alla ricerca della componentistica.
Passavo le serate ad overclockare invece di uscire la sera.

Quanto è importante il design nel tuo lavoro?
Molto. Ci metti del tuo, ed ogni macchina ha un fattore estetico preponderante.

Macchine belle dentro e fuori.
E ho un progetto in mente che probabilmente a causa del suo costo realizzerò fra una decina d'anni.
Voglio prendere un blocco di marmo e farlo scavare dentro per inserirvi la componentistica interna; in modo tale da avere un cubo di marmo senza nulla, tasti, mouse, niente.
Il bello di questo progetto è che tu hai questo monolite di fronte a te che non sai cosa sia: non è un computer, non è un pezzo di marmo...

... è AL9000?

Mentre parla, la passione e la dedizione di Marco penetrano in ogni singola sillaba del suo discorso.
Sembrava di sentire l'aria vibrare di conoscenza.
Poi, ad un tratto, come un fulmine a ciel sereno, si è fatto strada in me un pensiero.

Proprio in questo periodo, caso vuole che io stia leggendo Frankenstein.
Tutti noi più o meno ne conosciamo la storia: ossessionato dalla ricerca dei segreti della vita, Victor Frankenstein si è spinto dove l'uomo, secondo la visione del tempo, non avrebbe dovuto spingersi dando vita ad un essere abominevole assemblato con parti di cadaveri.
La triste vicenda del libro suggerisce l'assurdità di voler tentare di sostituirsi a Dio, ammesso che ne esista uno.
Ma cos'è un computer, se non un essere assemblato, freddo e privo di sentimenti come lo era il mostro di Frankenstein?
Che differenza c'è fra Marco e lo scienziato?

Frankenstein voleva darci una lezione di etica: il mostro si ribella al padrone perché ha voluto troppo; ma questa volta il nostro giovane "Geppetto" ci ha dato una contro-lezione: la sete di conoscenza, la dedizione e la passione non creano mostri, ma opere d'arte.

www.youtube.com/watch?v=wKem_4djcjU

Beci Beci
Salmonello

Per interviste scrivere a raulfabioriva@gmail.com


RAL 3022 ROSA SALMONE #07 - E il corteggiar m'è dolce in questo mare (seconda parte)

 

La rubrica di Salmon che parla DI, AL e CON quello strano organo pulsante che sta tra le branchie e la vescica natatoria e spesso confonde le acque limpide del mare interiore.

Da pinna a pinna, da branchia a branchia,

sempre Vostra

Salmona Pastura

salmonapastura@gmail.com

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La prima puntata la trovate qui.

E allora, pesciolini? Avete fatto esercizio con la ragazza carina del bar? Avete fatto le prove con il vicino d’ombrellone?

Bravi.

Vi avevo promesso di rivelarvi altri piccoli segretucci per superare brillantemente il primo incontro ed entrare da gladiatori nell’arena dell’amore. Allacciate la cintura di sicurezza, scardinate quella di castità e via: si (ri)parte!

  1. Capitolo cadeaux floreale. Nessun essere vaginomunito -che esso sia pesce, rettile, anfibio o umano- sarà mai deluso se l’aspetterete con un fiore tra le mani al vostro appuntamento. Ora, lo so che non siete Luca Sardella, ma è chiaro che il NO alla rosa dell’indiano è CATEGORICO, vero? Piuttosto rubate una margherita dal parchetto, un soffione dall’aiuola o un filo di lavanda dal cespuglio del vicino.
  2. Se vi avventurate a portarla fuori a cena come nelle migliori soao-opera, evitate gli eccessi:

NO ai ristoranti di lusso (soprattutto se non potete permetterveli)

NO al McDonalds, Burger king, kebabbaro (la state ancora corteggiando, quelli verranno dopo, quando sarete intimi)

SI alla ricerca di un posticino semplice, con le tovaglie a quadri e il vino rosso in caraffa in cui mangiare e chiacchierare in pace

In ogni caso, cari salmoni maschi, questa volta toccherà a voi fare i galanti e pagare la cena. Ma fatelo da furbi: fingete di andare in bagno prima del caffè e fermatevi alla cassa.

  1. Dopo le 5W e 1H, una delle regole auree dell’appuntamento è la “ADNT”: argomenti da non toccare. Le paroline magiche che dovete assolutamente cercare di evitare quando state conoscendo qualcuno, in ordine sparso:

- la mamma (es. “Oh, anche mia mamma ha questa borsa!”)

- la mia ex (es. “Si, lo conosco. Ci andavo con la mia ex”)

- il mio stipendio (es. “Ho un lavoro importante, prendo 2500€/mese)

- la mia auto (es. “Ho una Golf XYZ, 300CV, turbo del 2008.. blablabla”)

 

  1. Se tutto va liscio, dopo il caffè e l’ammazzacaffè, dovrebbero esserci i presupposti uno scoppiettante dopocena. Se siete dei latin lover di livello e avete una media di finalizzazione degna di Icardi (che sia a goal che a figli, sta messo bene), mi raccomando di fare in modo che NON sia davvero troppo evidente che quello è un copione già rodato e orchestrato per farvela lanciare con la fionda da Lei, così come da tutte quelle che l’hanno preceduta. Come a dire: se la piccola ostrichetta vuole concedervi la sua perla, lo farà ... ma fatela sentire preziosa.
  2. Che le cose si siano conclude così o cosa, verrà comunque il momento di salutarvi e lì non dovete toppare. Se la accompagnate a casa attendete che rientri, le farà piacere. Se no, chiedetele di avvisarvi del suo arrivo.

Questo vi farà da assist privilegiato per mandarle un messaggio per ringraziarla della serata e dirle che siete stati bene. SPOILER: un messaggio, uno solo. Non ventisette, che alla denuncia per stalking è un attimo.

 

Ecco, credo sia tutto, almeno come armamento base per cominciare. Ora provate e fatemi sapere come va. Per ogni altro dubbio mandatemi una mail, per Voi salmoncini disperati resto a disposizione 24/24.

 

Chiuderò con un appunto a Voi, salmoncine:

se lui fa tutto questo e vi sta realmente facendo la corte come va fatta, lasciatevi andare, santo cielo!

Non vorrete mica fare le platesse surgelate?

SALMONA PASTURA


Bianco & Noir -L’impiccato

 

Parte uno.

Verona 21 marzo, 1882

Cinque arcate, novanta metri di lunghezza e circa sette di larghezza. L’Adige scorre tranquillo sotto Ponte Pietra in questo primo giorno di primavera. Fa freddo ma nel cielo non c’è una nuvola. Un unico dettaglio stona in tutto questo: l’impiccato.

Il corpo senza vita oscilla alla mercé della brezza leggera che scende dal Monte Baldo. E’ una visione macabra velata però da una certa poesia. Al centro del tondo d’epoca veneziana, il cadavere di un disgraziato appeso per il collo.

Uno spettacolo magnifico.

Due marinai e quattro remi in tutto. Uno davanti, l’altro dietro e all’unisono fanno andare avanti la barca, dove al centro, stiamo seduti io e Salgari. Tra le mani una sigaretta e in bocca una liquirizia, io. Un quaderno e una penna in quelle dell’amico scrittore: prende appunti per i suoi racconti – Siamo su una barca d’altronde – mi sorride, mentre ci avviciniamo dall’acqua al luogo del delitto.

Ci fermiamo su una secca esattamente sotto l’arcata più vicina al tondo veneziano. L’agente Marogna ci aiuta a scendere dall’imbarcazione, poi uno alla volta, saliamo i pioli della scala di legno appoggiata alla base del ponte. Una scala che è lì da questa notte, utilizzata da chi ha appeso quel disgraziato alla corda. Il suo corpo è stato avvistato dai naviganti del fiume al sorgere del sole e da quel momento è partito il circo. A cui partecipano tutti: i barcaioli di passaggio, gli abitanti e i lavoratori dei mulini, il popolino che da dove può indica il ponte e spettegola. Ovviamente c’è anche Martini, il mio nemico Ispettore di polizia, che ci attende a braccia conserte e con la solita espressione di chi non sa che pesci pigliare.

Faccio un giro intorno al cadavere, poi chiedo che il corpo venga deposto a terra. Questo mi aiuterà a trovare eventuali indizi oltre che a calmare il caos che regna intorno a noi. Anche sopra le nostre teste, sulla passeggiata del ponte, gli agenti faticano a tenere lontano curiosi e spacca balle.

- Lo avete identificato? – domando a Martini indicando la vittima.

- E’ l’avvocato Giuseppe Ottolini – anticipa la risposta Salgari. In realtà viene in aiuto all’inetto tutore dell’ordine che arrossisce e si fa da parte.

- Lo conosceva? – domando allora al cronista della Nuova Arena.

- Scriveva sul giornale ogni tanto.

- E poi?

- Grande conoscitore del genere femminile – fa l’occhiolino l’amico.

Una risposta che ne racchiude mille.

Mi accuccio sul corpo e noto i segni profondi lasciati dalla corda oltre al punto in cui l’osso del collo si è spezzato. Il viso cereo non cela alcun segno di sofferenza e questa è già un’importante incongruenza: anche in caso di volontà scientifica nel togliersi la vita, sul volto restano sempre i segni della sofferenza.

- Mastino, non l’hanno ammazzato qui…– suggerisce Salgari.

- Potrebbe essere una valido aiutante – sorrido di rimando.

Non potrebbe essere altrimenti: l’arrivo dal fiume, la scala, il portare su un uomo che si dimena da una scala a pioli, l’appenderlo a una corda. L’avvocato per forza di cose non doveva essere cosciente. Il volto disteso ne è una prova come dicevo.

Non può esser stata opera di una sola persona, qui si sono dati da fare in parecchi per mandare Ottolini all’altro mondo.

- Che ne pensa Ispettore? – domando a Martini.

- Non saprei… – risponde questo confermando la sua inutilità.

Respiro a reprimere la rabbia, mi accendo una sigaretta e continuo a esaminare il cadavere.

Il resto ve lo racconto la prossima volta.

SmokeySalmon

biancoenoir