Bianco&Noir - Le campane suonano a festa

 

 

 

Oggi sono felice.
Fatto strano, penserete voi che ben mi conoscete.
Eppure è così visto che appena sveglio non mi sono attaccato alla bottiglia. L’ho solamente guardata di sbieco lasciandola sul comodino vicino al letto.

Le campane fuori suonano a festa e mi strappano un altro sorriso. Mi ricordano che il giorno del mio compleanno è appena passato e che quindi da oggi mancano ben trecentosessantacinque giorni alla prossima infausta ricorrenza. Non sono uno che ama festeggiare, anzi ogni festa per me è un supplizio. Oggi è Natale e per la terza volta da quando mi sono alzato, sorrido. Sorrido perché fervono i preparativi a Villa Giusti e io non parteciperò alla festa visto che una carrozza dei càna mi aspetta fuori nel cortile. Hanno trovato un vecchio morto ammazzato in una viuzza di Veronetta e l’Ispettore Martini ha richiesto l’aiuto del Mastino.

Fantastico.
Rovinerò il Natale a mia madre.
Oggi è la mia giornata: ho ben quattro motivi per essere felice.

Gli stivali scricchiolano sulla neve ghiacciata.
Più avanti il corpo del vecchio giace supino, addossato al muro di una casa fatiscente. Il sangue ha colorato tutt’intorno di un rosso rubino. L’hanno trovato questa mattina e dev’essere morto questa notte, mi informa l’Ispettore Martini dall’alto della sua fine arguzia. Morto sì, gli rispondo io. Ammazzato però, visto il bastone che gli ha trafitto il ventre.

Ci sono monete d’oro sparse intorno alla vittima.
Sul “tentata rapina” enfatizzato dall’Ispettore anche l’agente Marogna alza gli occhi al cielo. Lo capisco, lui al Natale e al suo lesso con pearà ci tiene parecchio.
Non come al sottoscritto a cui interessa solo il caldo abbraccio della grappa.

- Chi l’ha ammazzato deve aver preso paura e dopo aver arraffato solo qualche moneta se l’è data a gambe.
Lo avrete capito, è ancora Martini che pontifica.
- La notte della Vigilia, sottozero e con mezzo metro di neve deve aver avuto una paura tremenda – sorrido io – Una marea di testimoni…

L’Ispettore prova a fulminarmi con lo sguardo ma io passo oltre e osservo la vittima. E’ un vecchio ben vestito, mi ricorda Ebenezer Scrooge in quella famosa favola di Natale. Il bastone che l’ha infilzato è senz’altro il suo ed è di ottima fattura. Frugo nella giacca e nel taschino di destra trovo un orologio d’oro - L’assassino deve essersela fatta proprio addosso visto che ha lasciato tutto questo ben di Dio… – rincaro al genio dei càna che adesso manco mi degna di uno sguardo.

C’è un gruppo di bambini che osserva in un angolo. Hanno età diverse ma tutto in loro riflette tristezza e povertà. Sono le loro espressioni risolute però che mi attirano come api sul miele. Così mi avvicino a loro, il mio passo malfermo accompagnato dal picchiettare del bastone sulla neve li fa sobbalzare tanto che i loro corpi, impercettibilmente, si avvicinano come a formare una testuggine romana.

E’ in quel momento che capisco.
Tutto è chiaro, estremamente limpido come il cielo sopra le nostre teste.
Quei soldi lasciati sulla neve, quel bastone conficcato nel ventre, quegli occhi tristi che ora mi guardano disperati e supplicanti.
E’ una storia di sfruttamento, di miseria, di quattro monete in cambio di un’intimità perversa e aberrante.
- Andate pure – sorrido a quei piccoli uomini a cui quel vecchio ha tolto la purezza.
Mi guardano incerti.
- Forza, andate – ripeto con un sorriso.

Se ne vanno, a passo lento.
Alcuni si tengono per mano.
Li osservo e mi si stringe il cuore.
Hanno conosciuto la violenza e proprio con quella si sono vendicati dell’Ebenezer Scrooge di Veronetta.

Le campane suonano ancora a festa ma di gioia, questo giorno e questa dannata storia, ne hanno portata davvero poca.

SmokeySalmon

biancoenoir


Gran Gala' della morte - parte seconda

 

Parte seconda.

La prima parte la potete trovare qui.

Febbraio, 1882.

L’uomo è riverso sulla poltrona di velluto rosso, in una delle prime file.

La dama al suo fianco si asciuga le lacrime con un fazzolettino bianco che fa pendant con il cappellino dal dubbio gusto. C’è anche un dottore, un omino magro dal naso a punta e gli occhialini da miope che rendono i suoi occhi due enormi sfere dalle tonalità di grigio. C’è pure l’Ispettore Martini in alta uniforme. Appena mi vede alza gli occhi al cielo e maledice gli affreschi.

Ci siamo tutti al gran galà della morte, trastullati dalle viole di Brahms.

 

- Infarto – certifica il dottore con una voce che risuona un pochino antipatica.

Il volto della vittima è una smorfia di dolore.

- Si è lamentato durante il concerto? – domando io alla donna che continua ad asciugarsi le lacrime.

Vedo con la coda dell’occhio che l’amico Salgari prende appunti sul suo taccuino.

- Si è comportato come sempre – mi risponde la nobile – Gli bastavano due minuti di musica per mandarlo nel mondo dei sogni. L’ho lasciato fare e mi sono goduta il concerto. Solo al riaccendersi delle luci mi sono accorta che qualcosa non andava.

 

Mi avvicino al cadavere.

Non gli tasto il polso, non serve. Vedo il dottorino guardarmi di sottecchi, invidioso e pronto a far polemica. Ci stiamo sui coglioni, siamo pari insomma.

- Si chiamava Enrico Simoni – mi sussurra Salgari – Uno dei primi notai della città.

- Segni particolari? – gli domando, facendomi sentire dall’Ispettore Martini che manca ancora una volta l’appuntamento con il destino: quello cioè di far bene il suo lavoro.

- Non gli piaceva quella cosina là… - lascia intendere il giornalista con un sorriso malizioso.

 

Il notaio è stato avvelenato.

Espongo il mio pensiero e il dottorino salta su come il demonio.

Lo tengo a bada e gli propongo di avvicinarsi alla bocca della vittima.

- Qualche odore particolare? – gli domando lanciando la sfida a chi ce l’ha più lungo.

- Non sento niente – risponde lui improvvisamente paonazzo.

- Sarà il raffreddore – lo giustifico io leggermente malizioso – Mandorle.

Uguale cicuta.

 

- Articolo bomba – accenno a Salgari mentre torniamo nel foyer gremito di gente e di curiosità.

- Meglio dei pirati e delle tigri – mi risponde lui accennando ad uno dei camerieri che serve bollicine nei flùte di cristallo.

Questo ci vede e si ferma di colpo.

La sua faccia conferma la sua colpa mentre la dama alle nostre spalle stramazza al suolo.

 

L’uomo fa per scappare.

Ci lancia addosso il vassoio con i bicchieri che si frantumano e il loro liquido schizza su pantaloni e calze di seta. In quel momento accade qualcosa d’incredibile: Martini sbuca dal nulla e con uno spintone spedisce il fuggitivo contro il muro. E’ una botta così forte che lascia l’uomo a terra, intontito.

Frughiamo nel taschino della sua giacca e troviamo la fialetta che conteneva il veleno.

 

Idiota ed assassino!

E’ quello che gli urla anche la gran dama ripresasi dal collasso, anche se non ricordo l’ordine dei complimenti. So solo che è una pessima attrice. Il richiamo della carne da una parte e l’avidità dell’altra hanno trasformato questi due scemi in assassini da quattro soldi.

 

Faccio un cenno all’Ispettore Martini e lo ringrazio.

Lui ricambia mandandomi a fanculo.

E pensare che trovavo queste serate di una noia mortale.

 

Smokey Salmon

biancoenoir